Venerdì 18/08/2017
Il Baltic Dry Index, un indicatore che misura il costo dei trasporti via mare delle merci non liquide e le cui variazioni vengono spesso associate al grado di vivacità del commercio mondiale, è salito ai massimi da 16 mesi a 1.207 punti, segnando una crescita mensile del 32,3% e risultando praticamente più che quadruplicato rispetto ai minimi storici toccati nel febbraio dello scorso anno.
Per la precisione il Baltic Dry Index è indicativo solo dei trasporti su navi bulk di ‘rinfuse secche’, minerali, ferro, carbone per intenderci. Quindi è un indice non rappresentativo del commercio globale ma solo della domanda e offerta di materie prime che, come si sa, dipendono anche da fattori stagionali come l’andamento delle scorte e dei prezzi.
Certo, siamo lontanissimi dai quasi 11.800 punti del maggio 2008, quando il BDI arrivò al suo picco massimo, ma la ripresa nel corso degli ultimi mesi appare indubbia, pari al +25,6% quest’anno. Segno che gli scambi commerciali tra le economie mondiali si starebbero intensificando, nonostante gli svariati allarmi lanciati sul rischio di protezionismo.
E, invece, nei soli primi 4 mesi dell’anno, stando a Bank of America – Merrill Lynch, la crescita del commercio mondiale rispetto allo stesso periodo del 2016 sarebbe stata dell’8%. Con questi numeri, la quota degli scambi commerciali sul pil mondiale tornerebbe a crescere per la prima volta dal 2008, anno in cui raggiunse l’apice del 25%, scendendo progressivamente al 21% dello scorso anno, conseguenza di una crescita dei primi più lenta di quella del secondo.
E cosa starebbe contribuendo a rinvigorire il commercio mondiale? Il dollaro debole. Almeno così la pensano gli economisti della Oxford Economics, che avrebbero notato una correlazione negativa tra i due sin dal 2001. Essi la spiegano nel seguente modo: un dollaro debole è associato a condizioni finanziarie mondiali più favorevoli e a un miglioramento delle economie emergenti, che rappresentano ormai il 40% del pil globale. Si consideri, inoltre, che gran parte degli scambi nel mondo avviene in dollari e se il cambio americano si rafforza, le merci diventano più care per gli acquirenti al di fuori degli USA, con contraccolpi negativi sui volumi intermediati. Non per caso, la fase nera per il BDI ha coinciso con il +30% messo a segno mediamente dal dollaro contro le altre valute tra la primavera del 2013 e la fine del 2016.
Dunque, dollaro giù e commercio mondiale su. Ciò lascerebbe supporre anche l’andamento di entrambi quest’anno: -9% il primo e +8% il secondo (al 30 aprile). L’indice BDI rafforzerebbe la convinzione che ci troveremmo in una fase positiva per gli scambi tra le economie, anche se è possibile che i crolli accusati agli inizi del 2016 non fossero riconducibili per lo più ai volumi, bensì ai prezzi. E proprio questi ultimi sarebbero in ripresa negli ultimi mesi, un fatto che renderebbe possibile per le compagnie di trasporto merci via mare chiedere ai clienti tariffe più alte per eseguire le consegne.
(Notizia tratta da Investire Oggi con integrazioni e adattamenti da parte di FACS Srl)
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